Munich
Verità scomode e denuncia all'odio indiscriminato

Munich sta facendo scorrere più fiumi di inchiostro che spettatori nelle sale. Negli Usa, fin dal suo esordio avvenuto il dicembre scorso, Spielberg ha creato sconcerto col suo magnifico film, perché ha tentato di inquadrare il terrorismo fuori dei confini entro cui normalmente viene presentato ed inteso. Fuori cioè da schemi manichei o per così dire "sportivi"( per vincere o trionfare, l'avversario deve perdere o addirittura sparire) che i politici e i mezzi di comunicazione tendono a presentarlo ogni volta che il terrorismo fa la sua comparsa nei tanti conflitti d'oggi.
Voglio dire che Spielberg ha voluto inquadrare il terrorismo nel contesto più generale del patriottismo ( nobile o deteriore che sia) considerandolo una forma di richiamo della propria terra o per la propria terra, in quello spirito di solidarietà per la propria famiglia che costituisce il nucleo vitale di qualunque società. È probabile che il punto di vista di Spielberg sconcerti e che sia considerato discutibile dai più. Una ulteriore riprova del fatto che c'è una piaga dolorosa nel mondo in cui viviamo e che Spielberg ci ha infilato il dito.
"Munich" sta trovando in Europa, anche a seguito del risultato delle elezioni palestinesi, migliori incassi ed anche critiche più lusinghiere. Critiche meno in bianco e nero, a dispetto dei tanti a priori di chi si considera ideologicamente un progressista o un conservatore, o semplicemente per via della nostra minore distanza geografica e intellettuale rispetto allo Stato d'Israele e alla causa palestinese.
Munich ha avuto finora le critiche più diverse e dai toni opposti anche se lo si può comunque considerare un film molto ben fatto. Le motivazioni di tali perplessità così diffusa sono a mi avviso le seguenti:
1. uno dei principali risultati di "Munich" consiste nella denuncia da parte di Spielberg, con l'aiuto dello sceneggiatore Roth e del drammaturgo Kushner, di una ingiustizia a cui si contrappone una giustizia applicata secondo il semplicistico schema dell' "occhio per occhio", che diventa in questo caso: "terrore per terrore" o "violenza per violenza." Produrre terrore, cioè porre un gruppo di esseri umani nelle condizioni di non sapere come salvaguardare la propria sicurezza è l'obiettivo principale di una attività terroristica. Qualcuno potrà argomentare che un terrorista non è un essere umano, ma si da il caso che lo sia, anche quando compie delle azioni orribili. Non è necessario per questo rifarsi alla visita di Giovanni Paolo II ad Ali Agca per capirlo. Ci sono tanti altri esempi.
2. La vendetta, intesa come "vindicatio" è effettivamente una virtù sociale, qualcosa che arricchisce una società ed una cultura. Ma bisogna comprendere che la "vindicatio" classica (non si può lasciar senza risposta il male ricevuto), contrapposta alla "gratitudo" classica (non si può lasciar senza risposta il bene ricevuto), non ha nulla a che vedere con la "vendetta" mafiosa o col "terrorismo di Stato." Presuppone piuttosto una risposta benigna e generosa che cerchi di ridurre gli effetti del male ricevuto. Nella recente enciclica papale "Deus charitas est" , viene citato S. Agostino: riguardo alla giustizia egli diceva che un Stato che si riferisse o tenesse in conto solo i propri interessi e la conservazione del proprio potere e non ragionasse in termini di giustizia in sé stessa, della vera giustizia, non si distinguerebbe strutturalmente da una ben organizzata banda di delinquenti. Nessuno ha confutato questa idea con serietà se non a partire dal IV secolo .
-- 3. Spielberg non è né uno statista né un filosofo. È un cineasta che ha deciso di esplorare una piccola zona di quelle ombre che avvolgono la condizione umana e di rendere drammaturgicamente alcuni eventi che fanno parte della storia contemporanea. Insisto nell "esplorare", e non nel giudicare situazioni o proporre soluzioni politiche. Non ci si può dimenticare che il lavoro di un 'artista drammatico non può esser confuso - non dovrebbe - con le argomentazioni retoriche presentate davanti a un tribunale o a un'assemblea. E neanche ci si può dimenticare che una componente connaturata con la rappresentazione drammatica è l'esagerazione. Molto o poco, per un aspetto o per l'altro, l'arte ha bisogno di esagerazione. E in "Munich"noi troviamo l'arte proprio in quell'esplorare certi angoli d'ombra nell'anima degli uomini e delle società in cui viviamo. Noi sappiamo che, come ci ricorda il filosofo ispano-tedesco Fernando Inciarte, la storia passata ci mostra come non pochi delitti sono stati esaltati a posteriori, semplicemente perché furono praticati dal partito vittorioso o dagli uomini vittoriosi, fossero essi Alessandro, Cesare, Napoleone, Stalin o - se non fosse stato vinto - lo stesso Hitler. Per Spielberg, così come per il suo alter ego Avner, il protagonista di "Munich", la questione non si può risolvere con la "vittoria" a qualunque prezzo. Perché proprio quel prezzo uccide l'anima del vincitore.
Ad ogni modo, considerando ciò che Spielberg ha affrontato, nel film e fuori di esso, non c'è da meravigliarsi che abbia incontrato difficoltà di ogni tipo. Non c'è neanche da lamentarsi del fatto che in alcune occasioni sia ricorso ad alcuni luoghi comuni narrativi, ad esibizionismi di sessualità e violenza che - guardando il film dall'esterno - ed in particolare da una biglietteria che deve recuperare un centinaio e più di milioni di dollari - a volte vogliono suggerire presunte o ingenue allegorie che sono comunque fuori luogo. Infastidisce infatti che gli unici atteggiamenti religiosi siano presentati in un contesto cattolico, quello di alcuni mafiosi apolidi francesi, tanto perversi, pur nel loro atteggiamento cordiale e familiare, quanto lo sono tutti gli altri personaggi del racconto. Si tratta in questo caso di forzature artistiche non necessarie. Per il resto, tanto di cappello, a incominciare dalla scena finale, con le torri gemelle sullo fondo. Una delle migliori conclusioni viste in un film per una storia così imbarazzante e complessa. Non avrei immaginato che Spielberg fosse capace di ricavare un film tanto eccellente da un tema così scottante, dati i tempi che corrono.
di Juan Josè Garcia-Noblejas
(fonte: familycinematv.it)
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